Classe 1982, Davide Cristiani, in arte Baschira, è un cantautore budriese emigrato ad Amsterdam per vivere della propria musica.
Oggi si racconta a Budrio Welcome e ci chiarisce le idee sulla sua identità artistica e sul suo debutto nel mercato discografico previsto per il prossimo 12 giugno con l’EP di 6 tracce Zsdasdat.
Innanzitutto raccontaci chi sei, perché te ne sei andato da Budrio… e quanto ti è costato fare questa scelta?
“Sono un brigante, una persona alla ricerca della libertà, che si ribella alle oppressioni e spinge gli altri ad aprire gli occhi, anche bruscamente. Me ne sono andato dall’Italia in un momento in cui al governo c’era Berlusconi e, con la sua dittatura mediatica, non vedevo sbocchi per il mio futuro. Il costo più grande di questa scelta, che tuttavia non rimpiango, è stata non poter stare vicino alle persone a cui voglio bene, ai miei genitori, alla mia famiglia a cui sono molto legato.”
Pare però che Budrio ti sia rimasto nella pelle, a giudicare dal nome d’arte che ti sei dato: Baschira.
Chi è Baschira e come ti è venuto in mente?
Cercavo un simbolo di libertà, nel mio immaginario c’era un pirata… ma a Budrio non c’è il mare: quindi ho cercato la storia di un Brigante. Mi ha colpito la pubblicazione di Fedora servetti Donati “Prospero Baschieri. Contadino capobrigante. Piccola cronaca dell’insorgenza e del brigantinaggio (1809-1810) nel cantone di Budrio e dintorni.”
Interessante anche il libro di Riccardo Ceredi “Il Brigante contadino” più romanzato, che racconta di un gregario di Baschira.
Ma è proprio la figura di Baschira che mi ha colpito: si narra di lui come di un “orso gigante”, che voleva far sollevare i contadini italiani contro l’occupante francese. Incuteva timore ma non ha mai usato la violenza senza che ne avesse necessità.
Reo di essersi opposto alle coscrizioni napoleoniche è considerato un fuorilegge.
Baschira si unisce quindi ad altri disertori, briganti. La sua forma di rivolta consiste, nella pratica, nel bruciare i registri di coscrizione obbligatoria, nell’appropriarsi dei fucili della guardia nazionale e infine nel consumare un sostanzioso pasto a spese dei ricchi signorotti locali. Il suo agire appare come un atto di giustizia a favore del popolo. Le sue vicende, raccontate dai cantastorie, sono diventate con il tempo leggenda. Ho letto la sua storia tutta d’un fiato.
Anche il titolo del tuo EP di esordio, Zsdasdat, che in bolognese significa “svegliati” sembra essere un omaggio alle tue origini linguistiche, ma forse è anche un invito a fare scelte coraggiose, per riuscire a svoltare.
“Si, è così. E’ un invito ad aprire gli occhi, a prendere coscienza e ad avere il coraggio di fare scelte diverse. “
Il tuo EP in uscita contiene 6 tracce. È in lingua italiana?
“Si, è una scelta poco commerciale: avevo pensato addirittura di farlo in dialetto! Ma ho scelto di scrivere in italiano perché ho una padronanza linguistica migliore. In questi anni ho esplorato sonorità diverse, imparando e cantando in lingue diverse come l’inglese, lo spagnolo e ora anche l’olandese, lingua in cui insegno musica qui ad Amsterdam.
Tuttavia il legame con la mia terra di origine e in particolare con le mie radici budriesi è forte e ho desiderato mantenerlo in questo mio lavoro. Non escludo di “tradurre” qualche canzone in dialetto bolognese.”
“Il biondo” è un brano dell’album già uscito a marzo 2020 come singolo, che rivela il tuo impegno politico sociale. Una scelta piuttosto rara nel panorama musicale attuale, che affronti con uno stile piuttosto irriverente. Ti ci ritrovi in questa definizione?
“Io sono un Brigante! Parlo in maniera schietta, senza necessariamente diventare irriverente o maleducato.”
Qual è il messaggio che vorresti trasmettere ai tuoi coetanei che, come te, vorrebbero vivere della propria musica? È una scelta possibile? Se sì, a patto di che cosa?
“Budrio ha tutto per la musica! Un’ ottima scuola di musica, il Diapason, dove anche io ho mosso i primi passi, la scuola di ocarina con la sua grande tradizione, il teatro, l’auditorium e anche le Torri dell’Acqua con una bellissima sala particolarmente adatta!
Siamo noi a dover organizzare occasioni, usando i meravigliosi spazi che ci sono con intelligenza e cura.
La società non deve voltare le spalle alla cultura.
Proprio perché Baschira (come me) viene da Budrio, vorrei venire a Budrio a chiudere la mia tournée, e mi piacerebbe venire lì per fare un concerto alle Torri dell’Acqua in favore della raccolta fondi del Teatro Consorziale di Budrio.”
Prospero Baschieri (Baschira)
Prospero Baschieri (Baschira) è il personaggio a cui mi sono ispirato per dare vita al mio progetto musicale. Nel mio immaginario c’era un pirata. A Budrio, dove sono cresciuto, non c’è neanche il mare, per questo ho scelto un brigante.
Baschira nasce nel 1781 a Cazzano, nel cantone di Budrio, in provincia di Bologna, dove sono cresciuto anch’io. È un contadino, vive la sua infanzia negli stessi campi lungo i quali anch’io, da ragazzo, scorrazzavo con il “presa diretta” della nonna.
Al suo tempo però, le truppe napoleoniche rastrellavano le campagne e costringevano i giovani ad arruolarsi al loro fianco. Baschira diserta, ben due volte. Reo di essersi opposto alle coscrizioni napoleoniche, sarà considerato, da quel momento, un fuorilegge.
Baschira si unisce quindi ad altri disertori, briganti. La sua forma di rivolta consiste, nella pratica, nel bruciare i registri di coscrizione obbligatoria, nell’ appropriarsi dei fucili della guardia nazionale e infine nel consumare un sostanzioso pasto a spese dei ricchi signorotti locali.
Il suo agire appare come un atto di giustizia a favore del popolo. Le sue vicende, raccontate dai cantastorie, sono diventate con il tempo leggenda. Ho letto la sua storia tutta d’ un fiato. Mi sembra di vederli i suoi uomini attaccare con la rapidità di un’aquila e scomparire alla velocità di un fulmine. Conoscevano tutti i passaggi, i nascondigli e abbandonavano armi e vestiario per essere più
veloci nella fuga. Avevano il popolo dalla loro parte, ovunque arrivassero.
Ho visto nei racconti delle sue peripezie, un uomo che si ribella all’ingiustizia e all’oppressione dei suoi tempi. Ho anch’io quel bisogno di denunciare l’ingiustizia di un meccanismo opprimente, quasi soffocante. Non è facile stare in fila, seguire un percorso prestabilito, lasciare gli altri decidere per noi. Eppure ci sono giorni in cui ci sembra necessario per non sentirsi fuori, esclusi dal gruppo. Baschira
non aveva voglia di passare la sua vita in fila, di seguire qualcuno che decidesse per lui e per questo fu considerato un brigante.
Sulla sua testa, c’era una grossissima taglia che faceva gola a molti. Passò la sua vita scappando e nascondendosi. Rimase a lungo in un podere fra Budrio e Vedrana chiamato “Malcampo”, dove, con i suoi, si sentiva al sicuro. Li conosco bene quei campi.
La leggenda narra che uno dei suoi compagni, mandò in paese una persona a comprare dei dolcetti di farina di castagne, cotti sulla lastra rovente, le mistocchine. La persona apparve sospetta e il rifugio fu scoperto dalla gendarmeria nazionale. Fu una battaglia di circa cento contro dodici. Baschira tentò la fuga ma venne gravemente ferito.
Morirà lungo un fosso. Lo trovarono alcuni soldati francesi che gli tagliarono la testa, gli cavarono gli occhi, lo denudarono e lo caricarono su un carro. Era il 13 Marzo 1810. La mattina del giorno seguente il cadavere fu portato in piazza Maggiore a Bologna, la sua testa esposta sul palco dell’esecuzione “a comune terrore dei cattivi e a consolazione dei buoni”.