Sono trascorsi 150 anni dalla nascita di Clotilde Scanabissi, budriese, classe 1873. È difficile immaginare che più di un secolo fa una donna di quarant’anni, senza studi appropriati, con una vita di provincia e un lavoro da telegrafista potesse decidere di lanciarsi in un’avventura letteraria. Clotilde ha un grande sogno: entrare a far parte di un mondo più alto e sofisticato rispetto a quello che il destino le ha riservato.
Nemmeno il matrimonio, nonostante le origini nobiliari del marito, discendente dei conti Cervi Samaritani, le consentirà la scalata sociale sognata, poiché la famiglia, venuta da Cremona nel 1509 e stabilitasi a Lugo, è ormai decaduta e con poche risorse economiche.
Clotilde però respira a pieni polmoni il clima culturale liberty dei salotti intellettuali del tempo e cede all’illusione del successo letterario. In quegli anni era uscito il «Piacere» di D’annunzio, che aveva dettato i nuovi fondamenti estetici nello stile del romanzo rinunciando all’oggettività verista, alla linearità dell’intreccio e alla coerenza dei personaggi in cambio di uno stile amplificato, simbolico ed estetizzante.
A proprie spese Clotilde, nel 1913, pubblica il suo primo romanzo, “Ricordi di una telegrafista”, con lo pseudonimo di Nyta Jasmar, facendo vivere alla protagonista Marina una doppia vita. Di giorno quella reale, autobiografica, di telegrafista. Di notte, una vita estetizzante da donna di mondo, preda di passioni amorose spregiudicate per quei tempi.
Tant’è che la pubblicazione del libro, che peraltro avrà un successo molto modesto, le costerà trasferimento a Torino perché giudicato immorale.
Clotilde Scanabissi cade nell’oblio, muore nel 1913 e solo molti anni dopo la critica letteraria riscoprirà il romanzo, svelando l’identità dell’autrice il cui pseudonimo Nyta Jasmar è l’anagramma del cognome del marito.
Questo interesse della critica, nel 1975 – sessantadue anni dalla prima edizione – porterà alla pubblicazione da parte di Einaudi di Ricordi di una telegrafista con la collana Centopagine diretta da Italo Calvino e accompagnata da una nota introduttiva a cura di Giulio Ungarelli. Calvino definirà il romanzo un vero e proprio “mistero letterario, riferendosi all’enigma dell’identità dell’autrice che utilizza lo pseudonimo di Nyta Jasmar, sia come prodotto di quella stagione del gusto (e dell’immaginazione erotica) che ora usiamo chiamare liberty, sia come espressione di una rivolta ante litteram, contradditoria fin che si vuole ma non per questo meno ardita.
Il libro offre uno spaccato del clima di inizio secolo e in alcune pagine della Budrio del tempo, con affreschi floreali sui luoghi, gli edifici, i personaggi più illustri.
Leggi il romanzo a puntate su Sotto Quirico, nella rubrica “Letteratura”: https://www.sottoquirico.it/rubriche/letteratura