
Concerto del coro Stelutis
La canva dal padran.
Lavoro e staglioni nei canti di tradizione orale.
Si esibirà domenica 8 ottobre, nella splendida cornice della Chiesa di San Lorenzo, il coro Stelutis.
Diretto da Silvia Vacchi e presieduto da Nicoletta Puglioli, con “LA CÂNVA DAL PADRÅN” dedicherà un concerto ai canti di tradizione orale che ricordano il lavoro dei campi e le sue stagioni.
Silvia Vacchi, insegnante di canto e direttrice di coro, ha cresciuto la sua passione nell’ambiente corale e ha ricevuto i suoi primi insegnamenti musicali da suo padre, il compositore, etnomusicologo e direttore di coro Giorgio Vacchi.
Dopo la scomparsa di suo padre nel 2008, Silvia ha assunto la direzione del Coro Stelutis, anche se il coro aveva ormai subito alcune trasformazioni rispetto alle sue origini.
Inizialmente, nel 1947, era stato fondato come un gruppo di sole voci maschili, un coro di montagna.
Poi, negli anni ‘60, Giorgio Vacchi aveva iniziato a recuperare antiche canzoni popolari emiliane tramandate oralmente e a rischio di scomparire. Queste canzoni includevano ninne nanne, brani religiosi e brani legati al lavoro
nei campi, alla lavorazione della canapa, alla vita contadina, al matrimonio, al lavoro delle donne e ai diritti civili.
Giorgio Vacchi incominciò a presentare queste canzoni al pubblico attraverso arrangiamenti raffinati che rispettavano sempre la melodia originale. Negli anni ‘90, il coro si è arricchito delle voci femminili ed è diventato
più attivo a livello internazionale, partecipando a numerose esibizioni all’estero e registrando diverse pubblicazioni
discografiche dedicate ai temi importanti della tradizione popolare.
Questo ha dimostrato che il repertorio delle canzoni popolari rappresenta una forma significativa di espressione
culturale, e la sua conoscenza è preziosa per chiunque desideri connettersi alle proprie radici.
È proprio dal lavoro agricolo che attinge il repertorio del concerto, attraverso canti che ci riportano alla raccolta della canapa, così diffusa nelle nostre campagne ancora punteggiate di antichi maceri.
Canti che raccontano di un mondo contadino dove è quasi estranea la ribellione.
Secondo Giorgio Vacchi, nei testi da lui recuperati «rimane solo la descrizione, l’enumerazione, l’esibizione dei
tanti mali di cui era intessuta la vita, ed è dalla lettura attenta di questi “racconti”, più che dalle parole eclatanti
di un isolato “canto di protesta”, che possiamo entrare in quel mondo di infinita tristezza.
La vera protesta è lì, tra le righe di ogni canto, nell’atmosfera dei racconti di tante piccole miserie e dolori,
persino tra le parole accorate di una preghiera, quando non rimane che chiedere un miracolo, perché qualcosa
cambi».
Grazie al prezioso lavoro di Giorgio Vacchi ieri e di Silvia Vacchi oggi, queste antiche canzoni popolari ci consentiranno di immergerci nelle sfumature di un mondo che altrimenti potrebbe essere dimenticato. Il loro impegno e passione per la tradizione musicale ci ispirano e ci ricordano l’importanza di custodire e condividere il nostro patrimonio culturale.
