Padre Clemente Bondioli

Padre Clemente Bondioli a sinistra, insieme a padre Fedele Mary all’interno del convento dei frati cappuccini di Budrio.

Il frate cappuccino budriese che ci ha lasciato uno splendido ritratto dell’India

di Leonardo Arrighi

 

Era domenica 6 giugno 2021, mi trovavo all’interno della chiesa di Sant’Agata (Budrio) per accogliere i visitatori interessati alla mostra dedicata alla storia delle Suore budriesi.
A metà pomeriggio, sotto ad una pioggia battente, vedo comparire Oriano Zacchini, che inizia a raccontarmi la storia di padre Clemente Bondioli (che spesso si firmava padre Clemente da Budrio, a riprova del suo profondo legame con il paese natio): le parole scorrono veloci, quasi impetuose, irrefrenabili, come se fossero state taciute per troppo tempo.

Riemerge così la vita avventurosa di Walter Bondioli, il futuro padre Clemente, nato a Vedrana di Budrio il 21 settembre 1914. Dopo aver trascorso parte dell’infanzia nel paese natale, si trasferisce a Bologna per proseguire gli studi, che lo porteranno all’incontro con la fede e al successivo ingresso nell’Ordine dei frati minori cappuccini, giungendo alla consacrazione sacerdotale nel 1937. Pochi mesi dopo parte per la Missione di Lucknow (India), che inizialmente avrebbe dovuto durare alcuni mesi e che invece si prolungherà fino al 1960, quando sarà costretto a fare i conti con una terribile malattia – «fratello cancro», come lo definirà lo stesso padre Clemente – che ne prostrerà il corpo, ma non l’anima, sempre legata all’amata India.
Nell’ambito della lunga Missione di Lucknow, rivestirà varie cariche: preside della Scuola superiore maschile di San Francesco, rettore del Seminario, vicario generale della Diocesi.

In India padre Bondioli scopre una realtà affascinante, densa di misticismo, ma anche segnata dalla povertà, dalla malnutrizione, dall’analfabetismo. Padre Clemente dedica la sua esistenza ad aiutare il prossimo, in particolare i numerosissimi bambini indiani, che trovano nel frate venuto da lontano un maestro e un benefattore.

Alcuni anni dopo la sua morte, avvenuta il 14 novembre 1962, viene pubblicato un volume dal titolo La mia India (edito dalla tipografia Lux de Cruce, Milano, 1966). Tra queste pagine riprendono vita le vicende che hanno segnato la vita di padre Bondioli, giunto in India all’età di ventitré anni e subito pronto ad iniziare la sua opera evangelizzatrice, rispettando ogni diversa forma di religione. I lunghi periodi trascorsi sotto una tenda, immerso nella foresta, le esperienze come sacerdote, insegnante nei villaggi di Bazpur e Myriampur animano il puntuale racconto. La scrittura è rapida, sintetica, penetrante, frutto dell’immediatezza dell’esperienza vissuta. Emerge la fisionomia di un uomo colto, attento ai dettagli e profondamente innamorato dell’India, lungo d’incontro con la diversità e con un cosmo di tradizioni sorprendente.

Le ultime pagine sono riservate al distacco dalla terra adottiva e al ritorno in Italia (siamo nel 1960), dove dovrà sottoporsi a numerosi interventi chirurgici, che risulteranno inefficaci. Fino al 1962, padre Clemente sarà il parroco della cappella posta all’interno del Centro protesi INAIL di Vigorso di Budrio, dove troverà la maniera di offrire sostegno a tutti i pazienti. Durante la parte conclusiva della sua esistenza padre Bondioli (a cui, nel 1968, il Comune di Budrio ha intitolato una strada, proprio accanto al convento dei frati) soggiornerà all’interno del convento dei frati cappuccini di Budrio, ricreando un legame con la terra, mai dimenticata, che lo aveva visto nascere.

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